berlino
ogni tanto succede. succede di organizzare un viaggio che sai avrà dei momenti importanti. succede di avere delle aspettative. succede che il risultato finale sia ben oltre quelle aspettative.
giorno 1 – il dday
la partenza è fluida, semplice. partiamo da casa in orario, no traffico. arriviamo a fiumicino, lasciamo la macchina, entriamo dentro, superiamo i controlli in scioltezza, tempo 40 minuti e siamo decollati. viaggiare con solo i trolley è meraviglioso. #zerosbatti
atterriamo, il nostro ospite/cicerone, Jacopo, ci da le indicazioni del caso, prendiamo un autobus e tempo il rant in crucco dell’autista e un lento cambio di guardia, sempre dello stesso autista con un altro e arriviamo ad Alexanderplatz. nei miei occhi non è cambiata molto dal 2013, si sono solo spostati alcuni dei lavori in corso. è sempre grigia. ci raggiungono jacopo e frasca, in 20 minuti siamo già a tavola. in fondo è l’una, per i crucchi è tardi. pranzo vietnamita, di rara bontà. iniziamo bene.
dopo il pasto veniamo spediti e scortati fino a prenzlaur berg, residenza della casa che ci ospiterà per 3 giorni. (grazie ospiti). la casa è bella, di quelle che piacciono a me ma è crucca, quindi avida di luce. bisogna lavorare sulle finestre e il trick che ci viene insegnato, cioè un raffinato incastro di tende, impedirà alla luce del sole di pentrarci le cornee alle 4 di mattina. bene così. si dormirà.
nel pomeriggio tentiamo l’assalto al reichstag ma veniamo respinti e rimbalzati, perciò andiamo a passeggiare senza fretta tra la porta di brandeburgo e l’isola dei musei. berlino è come la ricordavo bella, “liscia” – ordinata – nonostante ci siano un sacco di cantieri aperti, di operai e macchinari al lavoro. eppure appare semivuota, in contrasto con roma che abbiamo lasciato poche ore fa.

la città la conosciamo. l’abbiamo visitata in lungo e largo nel 2013, per otto giorni. no pressure stavolta. si fa ora di cena e ci ritroviamo con l’unico ospite rimasto – jacopo – di nuovo ad alexanderplatz. continua ad essere grigia. giriamo per le vie del mitte ma inizia uno stupido diluvio, così prendiamo la metro per una fermata e torniamo indietro per un pezzetto. è un giro nonsense per arrivare al ristorante crucco della cena ma almeno evitiamo di inzupparci. cena crucca dicevamo, salsicce, wurstel, carne stufata patate cotte in vari modi e, ovviamente, birra. si chiacchiera e si finisce a bere nel quartiere di casa (si ormai me ne sono appropriato, d’altronde anche nel 2013 eravamo stati a prenzlauer berg, quindi). qui veniamo edotti sulla durata dei party techno berlinesi che iniziano il venerdì sera per finire il lunedì mattina, senza pause in mezzo. mi sento vecchio e grigio, come alexanderplatz. progettiamo i giri dei due giorni a venire e si va a dormire.
giorno 2 – adam
una delle hit del viaggio era un tatuaggio. sapevo con larghissimo anticipo che saremmo stati a berlino e così ho potuto contattare e prendere appuntamento con uno dei tatuatori che in assoluto ammiro di più: adam theosone. non sono esperto di “scritte” ma da quando mi sono imbattuto nei suoi lavori ho percepito l’impellenza di averne una sua. sapevo già quali parole, la sostanza, mentre l’idea della forma mi è stata “indotta” guardandone uno da vicino. molto vicino.
la mattina del secondo giorno inizia con grande calma. l’appuntamento è a mezzogiorno. l’orario è perfetto per gustarsi la colazione, prepararsi e raggiungere lo studio senza mai avere fretta, solo la classica #ansietta da tatuaggio. arriviamo precisi come i crucchi. lo studio è bello, semplice, pulito, elegante, dentro c’è una mostra di fotografia. adam ci raggiunge, si presenta e siamo subito grandi amici. è uno di quelli che annulla le distanze. parla e racconta ed è fottutamente bravo, perché nel mentre, traccia su un foglio delle linee di grafia che tu resti senza parole. a vederlo pensi, sono solo dei tratti che formano delle parole. tempo che hai articolato quel pensiero e lui ha rifinito x blocchi di lettere, dettagli, idee con un senso che fino a un minuto prima non esisteva. ok, ora so che ho fatto bene ad affidargli il mio braccio. l’ansia scompare. si comincia saranno 4 ore e passa di lavoro. voleranno. sono felicissimo, più del previsto. è un numero 1, lo sapevo.
finito il tatuaggio, la mia spalla viene impacchettata a dovere e noi veniamo raccattati con una mini da jacopo e il sopraggiunto tommaso. siamo a berlino, ci sono quasi 30 gradi, c’è il sole siamo su macchina scappotata e ho un nuovo tatuaggio, in questo momento è difficile immaginare e ricordarsi che il meglio deve ancora venire. eppure. ce ne andiamo in giro per il traffico (??) di berlino e guardiamo una città europea. già l’europa è anche questa. difficile dimenticarlo. aperitiviamo con una birra parlando di lavoro e per cena siamo nel tempio del bbq texano. a berlino: the bird bbq prenotato una settimana prima da roma. non si sa mai. cena spettacolare, meglio di gran parte delle holy trinity mangiate negli states, anni luce meglio di quanto mai provato nella capitale. il brisket è pura poesia ma le costine e le salsicce non scherzano mica. mangiamo da dio, paghiamo poco e siamo a posto. nel frattempo il liverpool vince la champions. per festeggiare (??) andiamo a bere dei cocktails hipster ma divini, in un locale hipster ma hipster. ci insultiamo un po’ parlando di pallone e musica, tentiamo un insperato colpo di fortuna online provando a prenotare un’esperienza imprenotabile – la boros collection – aspettiamo che un’amica sconosciuta ci venga a salutare e ce ne andiamo a dormire. non prima di un check delle tende.
giorno 3 – toolday
oggi è il grande giorno – non che ieri non – ma oggi un po’ di più. il concerto però sarà la sera per cui possiamo sfruttare la mattina e il pomeriggio. ci ha detto gran culo e possiamo andare a vedere la collezione boros in esposizione in queste settimane. siamo riusciti ad infilarci solo nel tour crucco per cui non capiamo una singola parola della spiegazione delle varie stanze ma, forse, non è *così* importante. la bellezza inspiegabile dell’esperienza è che questa collezione di arte contemporanea privata è dentro un bunker. è difficile raccontare come sia emotivamente spiazzante e coinvolgente visitare il “palazzo” boros. se potete andateci. grazie jacopo.
usciamo dal bunker e fa un gran caldo, pare roma. ce ne andiamo al parco ed è pieno di gente. i berlinesi fanno questo d’altronde. appena si affaccia un raggio di luce o se ne vanno verso lidi di mare o riempiono i parchi, anche perché il sabato si lavora poco e la domenica assolutamente niente. è giusto così. l’atmosfera è bella, così camminiamo parecchio. si fa l’ora di pranzo, siamo affamati e ci aspettano le meraviglie di sasaya. dio esiste. mangiamo nuovamente in maniera spettacolare, paghiamo una miseria e siamo di nuovo felici.

abbiamo il tempo di un rapido ma intenso riposo prima di riempire l’ultimo slot libero prima del concerto. jacopo ci molla, restiamo noi + tommaso. destinazione urban nation, il tempio della street art. non è il mio campo, eppure il posto è una raccolta di pezzi straordinari. è oggettivamente impossibile non restare con colpiti davanti a certe creazioni. resto impressionato dalle idee, dai progetti e dalle lavorazioni e penso che chi ne sa più di me dovrebbe essere al mio posto, avrebbe occhi più attenti e assetati. bellissima anche la urban nation.
nel frattempo la mia #ansietta da concerto è salita a livelli preoccupanti ma mantengo uno stile impeccabile. o almeno credo. i miei due compagni di viaggio sembrano più sereni. secondo me fingono. ci muoviamo è ora di andare. in mezz’ora arriviamo. scendere giù dal treno è straniante. fin tanto che siamo sul vagone, sono l’unico con addosso una maglietta dei tool. poggiato il primo piede veniamo assorbiti da un’orda di persone vestite come me. divento finalmente uno dei tanti. non che mi sentissi a disagio prima ma è stato come buttarsi nel mare ed entrare nella corrente. insieme all’orda arriviamo alla mercedes benz arena. bella, già lo vedo da fuori che non avremo problemi di suoni. lasciamo tommaso ad aspettare l’ultima tessera del mosaico, khenzo, e cominciamo a entrare. ho bisogno di un brezel, me l’ero promesso prima di partire. ci riuniamo tutti al secondo piano dell’arena. entriamo, ognuno va ai suoi posti. io sarei da solo, lei pure, colpa del sistema di vendita dei biglietti e dei posti random vicini ma non troppo. però questo è un viaggio in cui ogni cosa DEVE andare meglio del previsto, per cui per una serie di incastri di altre coppie scoppiate, riusciamo a sederci vicini dopo il gruppo spalla. i fiend. non me li ricordo.
ore 21 calano le luci.

(niente racconto del concerto – diventerebbe un altro post, sarebbe lungo e noioso e comunque non esplicativo)
del live dei tool lascio scritte qua, a mia futura memoria, solo il ricordo alcune sensazioni. nessun concerto prima di questo mi ha smosso tanto dal punto di vista emotivo e quindi, anche, fisico. non credevo, perché mi sento spesso un bunker emozionale, di provare un certo tipo di *cose*. alla fine è musica, ti verrebbe da dire. eppure il picco e il crollo avuto tra il primo pezzo e il terzo, cioè da aenima fino a parabola è stato inaspettato e potente. è stata come un’apnea durata tantissimo, tipo 13 anni, e il primo respiro bellissimo, necessario, vitale eppure stordente. mi sono sentito vivo e svuotato. non lo so ma immagino possa capitare a chi eccede e a me, ogni tanto accade, come ho già scritto in passato, di cadere vittima di ossessioni, di solito più o meno lunghe, comunque con una fine. i tool hanno ridefinito il concetto di tempo e attesa e quindi tutto ha preso fuoco in maniera meno controllabile. io mi sono accasciato, lei ha versato lacrime di gioia. il riassunto di tanta bellezza e spossatezza è stato nell’abbraccio a fine concerto tra noi 4 – “ce l’abbiamo fatta” – oggi sarebbe tutto più semplice e lo sarà a firenze, domani.
finito il concerto cerchiamo un posto per affogare le nostre emozioni nell’alcol. camminiamo per recuperare il nostro classico aplomb e ci fermiamo a bere una birra – scolata a tempo record. siamo troppo stanchi per incastrare treni, metro e autobus. uber ci riporta a casa.
giorno 4 – ritorno
sveglia e partenza, un po’ di thrilling perché il traffico si rivela nemico di tommaso. il tempo stringe ma arriviamo in aeroporto giusti giusti perché ce la faccia. tutto bene. aspettiamo il nostro volo e lisci come l’olio siamo a roma quasi puntuali.
fine.
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