raccontare per esistere

il problema poi, secondo me, non è nemmeno il fatto che ogni mattina ci svegliamo e andiamo in ufficio, o restiamo a casa, a fare un lavoro che non ci piace fare, che ci affatica più del dovuto, che non ci regala gioie se non effimere oppure esogene come il vil denaro.

cioè intendiamoci, sicuramente, ha un suo peso specifico, il sistema dentro il quale ci troviamo incastrati ma non basta a spiegare perché molti di noi sono così insoddisfatti, fin dentro le viscere, e ci sono giornate in cui non si riesce a fare altro che guardare nel vuoto, senza nessuna spinta motivazionale, sentendosi perfino in colpa, quando giunge la sera, per aver buttato ore preziose di vita. 

il vero problema è che quel lavoro che non ci piace per niente, o ci piace poco, o non sentiamo nostro, non riesce, per fortuna non può esaurire il nostro racconto. ci facciamo un mazzo tanto, almeno a livello di impegno mentale, ma anche fisico, arriviamo alla sera stanchi come muli per sentire che non abbiamo detto nulla di quello che avremmo potuto e magari voluto. 

giorno dopo giorno si accumula il non fatto, il non detto, il non scritto e tutte le cose “non” cominciano ad affastellarsi dentro costruendo l’architettura della non partecipazione. attenzione, non conta che sia vero o meno, conta quello che percepiamo. 

ma detto, fatto o scritto a chi? a chiunque ma per essere più precisi alla vita. sento che sto per fare il salto dello squalo, rischio di andare a finire nella zona piuttosto pericolosa del misticismo, dello sviluppo personale eppure no, cari miei pochi lettori, schiverò questo proiettile con la stessa grazia di neo in matrix. credo che affianco alla vita dei doveri, debba esserci la vita del diritto alla felicità, se non perenne almeno in formato di briciole raccolte con una discreta costanza. 

e se il segreto non fosse eliminare quella parte, se vogliamo difficile, che ci provoca sofferenza o rancore, ma fosse trovare un modo per ascoltarci e poi esprimerci per esaurire chi siamo? se è vero che non veniamo definiti dai vestiti che indossiamo, dai mobili che compriamo e dal lavoro che svolgiamo allora forse abbiamo necessità di creare qualcosa, qualcosa che racconti alla nostra stessa vita, a noi stessi, chi siamo.

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Posted by: vincenzo on